La grotta di Aladino
Il desiderio di scovare tesori in giro, e magari per caso, è con me da sempre. Di recente, io e la mia amica Erica, durante una breve vacanza nei pressi di Biella, abbiamo sperato di trovare qualche oggetto del passato, abbandonato, per le vie desolate di Rosazza. Paese quasi fantasma lungo la Valle del Cervo. Ovviamente, visto che lo auspicavamo, non è avvenuto. Il giorno dopo però, abbiamo appagato la nostra brama, in un mercatino dell’usato lungo la strada del rientro. Quel luogo però, non era come tutti gli altri, dove trovi mille e una schifezza. Era davvero come essere entrate nella grotta di Aladino, e avere la lampada magica da strofinare ogni volta che ci guardavamo intorno.
Una magica panca indiana
Fra le tante meraviglie, accatastata insieme a credenze dei primi del Novecento, vedo una panca orientale. Forse indiana. Niente. Impazzisco. La voglio e la stravoglio. Ma dove la metto? Con un appartamento di 45 mq, e un terrazzo già pieno… Ma non volevo svuotare casa io, invece che aggiungere? Vago per il negozio con questo senso di capriccio. Con il pensiero che Maurizio non sarebbe contento di vedermi arrivare con un cargo al seguito. Sì, perchè. Nel frattempo Erica e io avevamo cominciato a radunare su di un tavolo, lampade antiche da esterno, ampolle di vetro lavorato da piangere… Poi lei mi incalza, una, due volte e alla terza la panca indiana fa già parte di quel gruppo di cimeli. Il proprietario del negozio investito dal nostro entusiasmo, ci fa un buon prezzo e ci regala anche qualcosa. Dei simpatici veciutin, appassionati, indubbiamente intenditori, ci aiutano a caricare in macchina. Per avvolgere la panca indiana, non proprio pulita, ci danno una “stoffa”. Mi accorgo poi a casa che era una tovaglia antica di fiandra. Ma dove siamo capitate? Sarà uno di quei posti che poi spariscono dalla carta geografica e che poi non ritrovi mai più?
Ora sono tutti ca**i miei…
Erica capisce la mia difficoltà, mi suggerisce mille posti diversi dove potrei mettere la panca. Mi offre di tenerla nel suo garage per i primi giorni per evitarmi l’effetto Maurizio. La benedico e accetto l’offerta. Intanto io salgo in casa. Ho con me già due lampade stratosferiche, spaiate. Così sostituirò quelle che avevo comprato al Brico, 15 anni fa tutti. Comincio a spalmare Maurizio di racconti entusiastici. Lo informo dei nuovi oggetti parcheggiati dall’amica. Mi vede così felice che non ce la farà mai a smontarmi. Che paracula!
Poi provo e riprovo a immaginare dove sistemare la panca e alla fine trovo il posto più ovvio per lei. Sotto una finestra fiorita. È bastato spostare due vasi. Ma come ho fatto a non pensarci prima? A volte ci arrocchiamo nei pilastri assurdi delle nostre convinzioni, senza pensare alle possibilità infinite dell’Universo, che possiamo manifestare anche noi. Caspita! La panca magica piazzata lì è un incanto. Come ci fosse stata da sempre…
E quel tavolo ingombrante?
Il tavolo del terràss è notoriamente sproporzionato. Arriva da terrazzi che ho vissuto prima. 6 posti a sedere. In bambù, indistruttibile, ma tutti gli anni da riverniciare, in questo posto così assolato e ventoso. Ora con la panca indiana in aggiunta, pare un catafalco. Ma oggi è venerdì, mi dico, e domani è sabato, giornata di Balon a Torino! Così prendo due misure e il mattino dopo sono già al mercato delle pulci di Torino, col chiaro, mefistofelico intento di trovare un tavolo in ferro, di quelli vecchi, che stanno in piedi sulla loro stessa ruggine.
Non sono nota per esaudire i miei desideri con uno schiocco di dita. Ma giuro che in tutto il Balon, c’era un solo tavolo così. E c’era tutto, la dimensione raccolta, 4 sedie invece di 6, la ruggine. Contratto sul prezzo, già conveniente di per sé e il set è mio. Mando foto a mamma, Erica, il mio amico Marco e tutti sono entusiasti dell’acquisto. Chiamo anche Maurizio, sapendo bene come la pensa sui “robivecchi”…
Il WABI SABI e il bisogno dell’imperfetto
Conosco il concetto di Wabi Sabi da quando da ragazzina avevo cominciato a fare i bonsai. Letteralmente si può tradurre come: Wabi = Essenzialità, Sabi= il tempo che passa. A parte averlo sperimentato nei piccoli alberi dall’aspetto vetusto, ho poi trasferito questo gusto estetico anche a molte altre cose. L’arredo di casa, i vestiti. Alla coscienza stessa. E tuttora lo sto sperimentando. Anche perchè Wabi Sabi non è solo estetica, è un modo di stare al mondo. Che, per farla corta, si oppone diametralmente al concetto di consumismo tipico della nostra cultura occidentale. L’imperfetto contro l’intonso. Così, rimango ferocemente attratta da oggetti e arredi del passato. Perchè mi provocano un’emozione malinconica e perchè trasudano pathos. Le vite degli antenati.
Maurizio comprende bene tutte queste cose. Mi fa presente però, che se invitiamo gli amici a cena, non ci staremo a tavola. Ma io sono una volpe a trovare soluzioni, e mi invento la plancia di legno da riporre nel ripostiglio. Poi però ci rifletto e mi accorgo che non è mai stato un problema il tavolo, anche quando eravamo più di 6. Abbiamo sempre fatto a buffet. Quanti limiti ci pone la mente! Ci arginiamo dietro a convinzioni assurde. Una piccola materica esperienza, che ci ha fatto vedere come uscire dagli schemi. Quando li abbattiamo ci si apre il mondo…
Sorprendi la mente!
Il vecchio tavolo in bambù ha trovato una degna sistemazione sul terrazzo di un’amica. Ho cambiato il nostro set tavolo e sedie in un giorno. Dopo più di 15 anni che stava con noi. Tante stagioni ha visto susseguirsi, e grandinate impietose. Solo una settimana prima non avrei mai pensato che lo avrei sostituito. Ho fatto tutto questo, così, fuori programma. E mi ha fornito tanta energia rinnovata. La mente vuole solo cose prevedibili, controllabili… Ho provato un senso di smarrimento nel distacco. Certo che l’ho provato! È bello quando si vive la malinconia di ciò che stiamo per lasciare. Ben altra cosa è l’attaccamento.
Fosse per me, molti mobilifici nemmeno esisterebbero
Ma quanti mobili del passato e oggetti meravigliosi, sono finiti al macero o nella stufa… Quante persone ancora oggi non ne vedono il valore. Ma non quello in denaro! Il valore che sta racchiuso nella loro memoria. I nostri antenati che vivono sempre in noi, vivono anche in quelle cassapanche, credenze, nelle madie. Una ricchezza infinita. “Epperò i mobili nuovi sono funzionali!” Ma per contenere cosa santoddio! Se facessimo una vita a misura d’uomo e di Natura, sentiremmo la necessità di lasciar fluire. Non di accumulare. Niente scorte di alimenti. Perché tutto deve essere consumato fresco. Niente collezione di abiti nuovi tutti gli anni. Piuttosto uno scambio più frequente di abiti fra tutti. La cultura del riciclo, sarà fra gli ideali del nuovo uomo risvegliato.
Ma non è finita qui…
La mia nuova piccola, magica, meravigliosa panca indiana, non ha ancora finito di produrre miracoli. In seguito al tavolo di ferro e alla sua ruggine; in seguito alla mia ricerca di consigli sui social, per mantenere il suo aspetto vissuto preservandola dal deperimento totale… mi ha portato un’amica che mi ha fatto conoscere dei prodotti per la pulizia della casa, privi di veleni e rispettosi dell’ambiente.
Ma può un oggetto venuto da così lontano, influire così tanto sulle nostre vite? Comincio a pensare che potrebbe essere appartenuta a un monaco. Sicuramente a qualcuno che ha molto amato. Anche gli oggetti vivono immersi in un campo morfico, che reca con sè le memorie di chi li ha vissuti. A volte non sono memorie benevole. Ma questo è un altro capitolo e ne parleremo presto.